REVENGE PORN/ QUANDO IL RICATTO DIVENTA ANCHE FEMMINILE: IL CORAGGIO DI DENUNCIARE DI UNA MAESTRA
“Due anni fa, con una ventina di altre persone, avevo una chat degli amici del calcio. Uno di noi usciva con una ragazza e, un giorno, ci ha girato dei video che lei gli aveva mandato. Erano video hard. A seguire commenti da uomini. Di tutto e di più. Guardando i filmati mi sono accorto che era la maestra di mia figlia e ho avvisato mia moglie. Non potevo credere che una maestra facesse certe cose”.
Poi la protagonista, una maestra di Torino, è stata ricattata da una mamma e licenziata dalla preside dell’istituto.
Nessuno si è preoccupato che la maestra fosse vittima di revenge porn. E che il reveng porn è un reato. Senza se e senza ma. Un reato perseguibile e punibile a norma di legge. Il termine inglese “vendetta” (revenge) fa riferimento all’intenzione di alcune persone di vendicarsi del vecchio partner, per le più variegate ragioni, divulgando vecchie foto e video hard senza il consenso della vittima. La giovane maestra di Torino non è colpevole ma solo la vittima. La vittima. Dovrebbe essere scritto a caratteri cubitali: la maestra è la vittima.
È quando c’è una vittima ci si può collocarsi da una parte sola, dalla parte di chi ha subito il reato.
La mamma che ha minacciato la maestra, tornando a casa dal suo bambino, si sarà sentita una madre migliore? Si sarà compiaciuta della sua pietra scagliata? Si sarà beata del linciaggio di cui il marito l’ha incaricata, dopo aver goduto delle immagini e dei video passati sul suo telefonino?
Aveva ragione Fabrizio De Andre’ “Si sa che la gente dà buoni consigli /Sentendosi come Gesù nel tempio / Si sa che la gente dà buoni consigli / Se non può più dare cattivo esempio”.
Grazie maestra Franca per aver avuto coraggio, per aver denunciato questa squallida vicenda.