DAL PROCESSO ALLO STUPRO AL PROCESSO ALLA VITTIMA
“Ma se aveva le gambe piegate come hanno fatto a toglierle i pantaloni?”, “Perché non ha reagito con i denti durante il rapporto orale?”, “Perché non ha morso?”. Queste sono solo alcune delle domande rivolte da una donna a un’altra donna. Da un’avvocata della difesa a una vittima di violenza al quarto giorno di interrogatorio in aula di Tribunale . È stanca e provata Silvia, la vittima che ha accusato di stupro Ciro Grillo e i suoi tre amici genovesi: Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia. Sfinita ha detto: “mi sento come scorticata”. E noi con lei.
Quante volte le abbiamo sentite queste parole? Il continuo di una lunga serie di : “Perché non hai urlato per chiedere aiuto?”, “Perché non hai cercato di scappare?”, “Perché non hai difeso te stessa?”, “Perché non hai detto no?” “Perché hai accettato quell’incontro?”
Perché perché perché….Da vittima a imputata. Dal processo per stupro al processo alla vittima.
E risuonano chiare e forti, fanno rumore, le parole dell’avvocata Tina Lagostena Bassi nell’Arringa finale al primo Processo per stupro in onda sulla Rai (26 aprile del 1979), quando disse:
“Ed allora io mi chiedo, perché se invece che quattro oggetti d’oro, l’oggetto del reato è una donna in carne ed ossa, perché ci si permette di fare un processo alla ragazza? E questa è una prassi costante: il processo alla donna. La vera imputata è la donna”.
Dovremmo leggerle e rileggerle e farle tutte e tutti nostre! Silvia non mollare