DALL’UE UNA NORMA SU PARITA’ DI GENERE NEI CDA E TRASPARENZA NELLE RETRIBUZIONI

Il 16 e il 17 marzo 2022 il Parlamento europeo ha approvato due direttive importanti per garantire la parità di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa nell’UE – prevedendo almeno il 40% di presenze femminili nei direttivi aziendali-  e la trasparenza nelle retribuzioni. Un passo importante da parte dell’Europa verso l’uguaglianza di genere. Dopo la conferma dell’Europarlamento, che dovrebbe essere annunciata in plenaria tra fine marzo e il mese di aprile, inizieranno i negoziati inter istituzionali con gli Stati membri.

Si tratta di un disegno di legge che il Parlamento europeo attendeva da un decennio ( la Commissione europea ha presentato per la prima volta la sua proposta nel 2012) considerato che il Consiglio doveva per primo esprimersi con una posizione sulla proposta (giunta a dicembre 2021).

La direttiva “Donne nei consigli di amministrazione” (Women on boards) mira a introdurre procedure di assunzione trasparenti nelle imprese per tutti i paesi europei, in modo che almeno il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi sia occupato da donne. Nei casi in cui i candidati sono ugualmente qualificati per un posto, la priorità dovrebbe andare al candidato del sesso sotto-rappresentato. I deputati europei – come riporta il comunicato stampa del Parlamento Europeo – sottolineano che la trasparenza e il merito devono rimanere i criteri chiave nelle procedure di selezione. La proposta prevede sanzioni per le imprese che non rispettano procedure di nomina aperte e trasparenti.

Nell’ultimo decennio sono emerse le quote di genere in vari settori in molti Stati membri. Ad oggi, nove Stati membri hanno introdotto leggi sulle quote di genere per i cda (Spagna, Belgio, Francia, Italia, Paesi Bassi, Germania, Austria, Portogallo e Grecia).  Nonostante i progressi compiuti, in media europea solo il 30,6% dei membri dei consigli di amministrazione delle maggiori società quotate in borsa dell’UE sono donne, con differenze significative tra gli Stati membri (dal 45,3% in Francia all’8,5% a Cipro, il 10% nemmeno a Malta, in Estonia e in Ungheria). In Italia la Legge 120/2011 Golfo-Mosca emendata nel 2019 già prevede che il genere meno rappresentato deve vedersi garantito almeno il 40% dei componenti, una norma che trova riflesso nell’adesione volontaria al Codice di Corporate Governance anche in tema di diversità nella composizione degli organi societari.  Il nostro Paese sfiora già oggi il 40% di «quote rosa» nei direttivi, secondo nell’Ue dopo il 45,3% della Francia. 

Un’altra misura che può risultare molto efficace per l’uguaglianza di genere a livello lavorativo – fa notare Linkiesta – è la direttiva sulla trasparenza nei sistemi retributivi delle aziende private volta a ridurre le differenze salariali. Secondo gli ultimi dati Eurostat, nell’Unione Europea, infatti, le donne guadagnano in media il 13% in meno degli uomini, con punte di divario di oltre il 20% in Estonia e Lettonia nonostante  all’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea ( Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007) sia previsto che «ciascuno Stato membro assicura l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile». Un altro punto dolente è il dato sull’occupazione femminile: i dati forniti dalla Commissione europea sottolineano un gap occupazionale tra i due generi dell’11,3%. Nei Paesi dell’Unione lavorano il 78,1% degli uomini e il 66,8% delle donne.

Un buon segnale quello che arriva dall’UE verso una norma europea sulla parità di genere nei consigli di amministrazione delle società private e pubbliche e sulla riduzione del gap salariale che conferma quanto siano necessarie in tutti i paesi dell’UE norme vincolanti per garantire che le donne siano equamente rappresentate ai vertici delle aziende. Una norma europea sembra necessaria, visto che alcuni Paesi sono lontanissimi da questo livello di partecipazione femminile. Una decisione che sicuramente si conferma come cartina di tornasole di un cambiamento culturale in atto nei paesi europei, di una realtà sociale europea mutata più sensibile alle tematiche della parità di genere e più attenta alla valorizzazione delle competenze e delle carriere femminili, non solo di quelle al vertice. Una linea politica che rientra pienamente nel lavoro che anche la Regione Lazio sta effettuando con un pacchetto diversificato di misure e incentivi a sostegno dell’empowerment femminile.

Comunicato stampa Parlamento Europeo