VIOLENZA SULLE DONNE: NON ACCETTIAMO PROVOCAZIONI
Premesso che ogni gesto di violenza va sempre condannato, prima di lanciare delle accuse, andrebbero innanzitutto verificati i fatti e i responsabili e per questo ci sono le Autorità competenti. Altrimenti il rischio è di delegittimare e strumentalizzare una manifestazione di grandissima portata, come quella di sabato 25 novembre che nella sola città di Roma ha visto la partecipazione di oltre 500mila persone: non solo donne e uomini, ragazze e ragazzi ma intere famiglie, mamme e papà con i loro figli piccoli e adolescenti, che hanno deciso di scendere in piazza per dire no alla violenza sulle donne, dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin e per tutte le altre 105 donne uccise nel 2023 in Italia per mano di un uomo”. Così la consigliera regionale Pd del Lazio, Eleonora Mattia, in un post su Fb intitolato “Non accettiamo provocazioni”.
Credo che come Regione Lazio, e in generale come Istituzioni, dobbiamo essere in grado, oltre che di condannare eventuali storture, di non perdere di vista il vero focus: la richiesta di giustizia e di equità sociale, di rispetto dei diritti delle donne e di pari opportunità che ci è arrivata da una così grande partecipazione. In primis: prevenzione con educazione all’affettività nelle scuole e nelle università e misure concrete per garantire l’autonomia economica delle donne, che dalla Giunta Rocca ad oggi o non sono ancora state attuate o addirittura definanziate, com’è il caso della legge sulla parità salariale approvata nella scorsa legislatura.
Vorrei pertanto ricordare all’assessora regionale Simona Baldassarre e a tutta la Giunta di destra Rocca che forse sarebbe più responsabile ragionare in maniera consequenziale quando adottano determinati provvedimenti, per capire come saranno poi percepiti dall’intera società civile che essi rappresentano, invece di fermarsi al solo gradimento della propria fetta di elettorato. – incalza la consigliera dem – Ad esempio in tal senso non ha di certo aiutato la delibera della Regione Lazio sulla gestione dei bonus per le neomamme che ha escluso i Consultori famigliari e ha invece aperto alle associazioni Pro Vita che per statuto operano contro i principi della legge statale 194 sul diritto all’aborto.
Una scelta che, oltre a non avere dato alcun contributo sostanziale alle politiche per la natalità, è andata a ledere quei principi di laicità dello Stato e quei diritti di autodeterminazione delle donne per difendere i quali ancora oggi siamo costretti a scendere in piazza e, a farci qualche domanda, se l’indignazione tracima, in alcuni casi, nella rabbia di sentirsi traditi nei propri diritti essenziali.