PARITA’ SALARIALE E SOSTEGNO OCCUPAZIONE FEMMINILE, APPROVATA IN IX COMMISSIONE LA MIA PROPOSTA DI LEGGE

Questo momento arriva alla fine di un percorso complesso, lungo e partecipato in cui abbiamo messo tutte e tutti determinazione, passione ed entusiasmo. Ma soprattutto testa e cuore.

Per questo voglio iniziare dai ringraziamenti. Il primo grazie va alla già assessora Giovanna Pugliese e al suo staff che ha creduto fortemente in questa proposta. Ovviamente al Presidente Zingaretti, al vice Leodori e a tutta la giunta per il sostegno e per il lavoro che stanno svolgendo per dare alla Regione Lazio un ruolo da protagonista tanto nella programmazione quanto nella gestione delle risorse straordinarie europee che a breve avremo a disposizione.

Grazie a tutte le colleghe e i colleghi che hanno voluto sottoscrivere la legge, agli uffici legislativi tecnici del consiglio regionale del Lazio, ai nostri staff, alla consigliera di Parità della regione Lazio Valentina Cardinali, alla sottosegretaria al MEF Alessandra Sartore, già assessora, e ai membri della direzione bilancio della Regione Lazio che hanno lavorato per la dotazione finanziaria di questa proposta e non è stato facile.

Ed infine il ringraziamento più grande lo lascio per le componenti e i componenti della commissione che ho l’onore di presiedere.

Dicevamo passione, entusiasmo e determinazione. Tutti sentimenti che hanno caratterizzato i lavori della IX Commissione dove insieme alle colleghe Bonafoni e Lombardi, ora assessora regionale, e tutte le altre e agli altri presenti stiamo portando avanti un grande lavoro spesso pionieristico, sicuramente coraggioso, dal punto di vista legislativo.

Penso alle leggi sull’equo compenso per le professioniste e i professionisti, la lotta al caporalato, il contrasto all’omotransfobia, la riforma del sistema integrato di educazione e istruzione e tante altre iniziative.

Oggi, con l’approvazione della proposta di legge 182 del 2019 sulla promozione della parità retributiva tra i sessi, il sostegno dell’occupazione e dell’imprenditoria femminile di qualità e la valorizzazione delle competenze delle donne, arriviamo ad un altro importantissimo risultato.

La giornata di oggi, in altri tempi, si sarebbe definita una vittoria per tutte le donne. Non mi sento di affermarlo. Oggi è la giornata in cui bisogna fare rumore. Tanto rumore.  Perché la pandemia, purtroppo, ha accelerato alcune dinamiche già presenti e la vera sfida sarà ricostruire puntando a correggere le storture, a partire dalla riduzione delle diseguaglianze economiche e di genere.

Ed è nostro dovere adeguare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per rispondere tanto alle fragilità preesistenti quanto ai nuovi bisogni emersi con la crisi, per non lasciare indietro nessuno.

Noi siamo la prima Regione in Italia che mette nero su bianco che c’è un problema con il lavoro delle donne e, con tempismo, mettiamo in campo soluzioni concrete e diversificate per risolverlo. E lo facciamo con una legge fondata sul riconoscimento della parità di genere come presupposto per un sistema equo di cittadinanza e di convivenza nonché per lo sviluppo socioeconomico.

Lo facciamo, oggi, tutte e tutti insieme per costruire una Regione Lazio più forte, più giusta, che sappia in primo luogo recuperare ogni posto di lavoro perduto, tutelare ogni posto di lavoro oggi in bilico, creare nuova occupazione di qualità. Siamo chiamati tutti a un salto di qualità in un mondo già cambiato, che va veloce e ci richiede il meglio di ciò che possiamo.

La complessità dell’attuale realtà ci pone sfide inedite sia per l’analisi che per le azioni da mettere in campo. I dati ci parlano. E fanno rumore. Ci raccontano che questa crisi non è stata uguale per tutte e tutti, ma ha allargato le diseguaglianze e colpito maggiormente settori economici e gruppi sociali già più deboli. Gli statali e la grande industria grazie al blocco dei licenziamenti e agli ammortizzatori sociali hanno visto ridotto l’impatto della crisi sull’occupazione e il reddito. Ma fuori da queste categorie c’è una marea di vite, di storie, di difficoltà.

Sempre i dati ci evidenziano come nella pandemia a soffrire di più sono stati i giovani, le donne, i precari. Le donne, in particolare, che già soffrono una condizione strutturale di disuguaglianze nel mondo del lavoro, sono state duramente colpite negli ultimi mesi.

È allarmante il bilancio dell’occupazione relativo all’anno 2020 per la nostra Regione che, secondo gli ultimi dati Istat ed Eures, si chiude con un numero complessivo di occupati sceso di 47 mila unità e un decremento del 2% sull’anno precedente. Si tratta della contrazione più significativa dell’ultimo trentennio e dobbiamo risalire al 1994 – l’anno della svalutazione della lira – per trovare un dato analogo (-2,6% e -49 mila unità in termini assoluti).

Ma all’interno di questo dato la contrazione del tasso di occupazione risulta maggiore tra le donne con il – 1,5% a fronte del – 0,5% degli uomini e il gap occupazione raggiunge il 16,5% (+1% rispetto al 2019).  Nello specifico le lavoratrici nel Lazio diminuiscono del 3,1%, riducendosi di 33 mila unità mentre la flessione degli uomini è di “appena” l’1,1% con 14 mila unità in meno.

Il motivo per cui il crollo occupazionale nell’Italia messa in ginocchio dalla pandemia è un affare soprattutto femminile ha a che fare con la natura del lavoro stesso.

Le donne sono impiegate soprattutto nei settori che più di tutti stanno vivendo la crisi, come quello dei servizi e della cura, spesso con contratti che danno poca sicurezza e stabilità, come il part-time. C’è poi tutto il gravoso tema della difficile conciliazione dei tempi di vita e di lavoro che con il ricorso allo smart working, la didattica a distanza e il sovraccarico di lavoro di cura nei mesi di pandemia ha raggiunto livelli inaccettabili.

La disparità delle donne nel mondo del lavoro ha radici lontane. Nel 1977, grazie alla tenacia di Tina Anselmi, il Parlamento italiano approvava la legge n. 603 che ha attuato l’articolo 37 della Costituzione in materia di parità retributiva tra uomini e donne. Oggi in Italia, dopo 44 anni, ancora una donna su due non lavora e i dati relativi alla parità di genere nel mondo del lavoro sono tutt’altro che positivi.

Secondo il report sul gender gap nel lavoro del Forum economico globale siamo 117esimi su 153 paesi al mondo.

Le donne continuano ad essere le principali caregiver, dei bambini e dei familiari. Un numero sproporzionato di lavoratrici, anche per tale motivo, sceglie o è costretto a scegliere il tempo parziale e questo continua ad avere ripercussioni particolarmente negative in termini economici e finanziari cioè di salari e pensioni.

Se la contrattazione collettiva e i minimi retributivi contengono, almeno formalmente, il gap retributivo nel lavoro subordinato, la situazione è allarmante per le libere professioniste che guadagnano in media il 45% in meno dei colleghi uomini.

Secondo l’ultimo rapporto Adepp, altri dati che fanno rumore, per esempio, se un medico nel Lazio dichiara un reddito di 52 mila euro annui per le colleghe il dato si ferma a 35 mila. Un’avvocata guadagna circa 27 mila euro l’anno di fronte i 65 mila dei colleghi uomini, il 41% in meno. Ma ancora le biologhe 17 mila contro 22 mila degli uomini e le psicologhe 11 mila a fronte di 17 mila dei colleghi.

Le cause di questo divario salariale sono molteplici, interconnesse e coinvolgono dimensioni individuali, famigliari, collettive e sociali.

E proprio tutto questo divario invisibile – fatto di lavoro di cura non retribuito, maggiore propensione al sacrificio e alla rinuncia, meno straordinari, meno progressioni di carriera – fa sì che tanto le lavoratrici subordinate che le autonome siano penalizzate complessivamente nella qualità e nella stabilità della loro partecipazione al mercato del lavoro.

È per tutto questo che oggi siamo qui. E pretendiamo di fare rumore. E questa legge ha ancora più potenza ed è ancora più necessaria di quando l’ho scritta e presentata, ormai un anno e mezzo fa. Se la crisi ci ha colto impreparati, in questi mesi abbiamo avuto modo di visualizzare priorità di intervento e criticità sommerse e sicuramente quella dell’occupazione femminile stabile e di qualità è una di queste.

In Regione Lazio, grazie all’assessore Claudio Di Berardino, solo una settimana fa è stato siglato un importante protocollo sulle politiche attive del lavoro con le parti sociali. Un protocollo che con 250 milioni di euro investe su una ripresa sostenibile che metta al centro i più penalizzati dalla crisi e quindi anche le donne.

Proprio in quella sede avevamo previsto tra le priorità di intervento l’approvazione di questa legge che mette al centro le lavoratrici in maniera trasversale.

La soddisfazione di esprimere la propria creatività, l’affermazione della propria autentica identità sono compromesse e penalizzate dalla disparità retributiva, che viene percepita dalle donne come una grave umiliazione in quanto colpisce direttamente la libertà e la dignità delle lavoratrici. Eliminare le cause profonde del gap di genere, significa anche potenziare le politiche di conciliazione vita-lavoro e, più in generale, ripensare il welfare in senso integrato e attivo e non solo assistenziale.

Il testo approvato oggi in Commissione si propone come normativa quadro sul lavoro femminile e detta disposizioni per:

  • il rispetto del principio di parità retributiva tra i sessi e il contrasto ai differenziali retributivi di genere;
  • la permanenza, il reinserimento e l’affermazione delle donne, sia lavoratrici dipendenti che libere professioniste, nel mercato del lavoro;
  • la valorizzazione delle competenze delle donne;
  • la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro e l’equa distribuzione delle responsabilità di cura familiare;
  • la diffusione di una cultura organizzativa non discriminatoria nelle imprese;
  • la garanzia di regole per l’equa rappresentanza dei generi nell’accesso agli organi di amministrazione e di controllo.

 

La legge si rivolge sia alle donne con un lavoro dipendente che autonomo e per l’attuazione degli interventi previsti sono stati stanziati 7,66 milioni di euro per il triennio 2021-2023 che, insieme alle risorse provenienti dalla programmazione comunitaria 2014-2020 andranno a finanziare molteplici misure multisettoriali e destinate ad un’ampia platea di soggetti beneficiari.

In particolare, il testo si compone di 22 articoli e 6 capi e prevede:

–          la creazione di un Registro regionale delle imprese virtuose in materia di parità retributiva e un relativo sistema di premialità. Un meccanismo per l’implementazione di una cultura imprenditoriale paritaria e un utile strumento di trasparenza e diffusione dei dati.

–          Una giornata regionale contro le discriminazioni di genere – finanziata con 60 mila euro nel triennio 2021-2023 – dove verrà assegnato un riconoscimento alle aziende che si distinguono, sulla base dei dati raccolti dall’Osservatorio regionale.

–          misure per favorire l’occupazione femminile stabile e di qualità tramite incentivi e premialità in bandi regionali alle micro, piccole e medie imprese che assumono donne con contratti a tempo indeterminato e in particolare abbiamo stanziato 1 milione e mezzo di euro per il biennio 2021-2022finalizzati alla formazione delle neoassunte.

–          Politiche attive del lavoro per la formazione anche delle nuove competenze che, tra le altre, riguardano le nuove sfide quale la digitalizzazione o la transizione ecologica con un importante focus sulla formazione per l’inserimento e il reinserimento nel mondo del lavoro e un’attenzione specifica ai percorsi altamente specializzanti e nelle discipline Scientifico-tecnologiche (STEM), ma anche educazione finanziaria e digitale.

–          Un’attenzione specifica al reinserimento lavorativo delle donne vittime di violenza prese in carico dalla rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio del Lazio, delle donne disabili, il contrasto al fenomeno delle molestie sul lavoro come previsto dalla Convenzione ILO 190/2019. Sono previsti in particolare 300 mila euro nel triennio 2021-2023 attraverso contributi da erogare agli enti locali per l’attuazione di progetti di iniziativa degli enti del Terzo settore.

–          E ancora l’istituzione di specifici percorsi all’interno dei centri per l’impiego per accompagnare al lavoro autonomo, l’autoimprenditorialità e la diffusione di opportunità di formazione e carriera.

–          Abbiamo previsto inoltre forme di microcredito d’emergenza, con una riserva sul fondo di 600 mila euro per il triennio 2021-2023, per le donne in condizioni di disagio sociale – tra cui vittime di tratta, ex detenute, ultrasessantenni prive di sostegno – e misure per il benessere lavorativo anche del personale femminile regionale.

–          Misure per sostenere l’imprenditorialità femminile con 2,5 milioni di euro nel triennio 2021-2023destinati all’apertura di una apposita “Sezione speciale regionale” nell’ambito del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese

–          Impegno a garantire la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo degli enti strumentali e delle società controllate o partecipate dalla Regione con nomine che nell’arco dell’anno non superino per più di 2/3 un genere

–          Misure per premiare la parità di genere nelle giunte comunali con l’istituzione di uno specifico riconoscimento per i Comuni virtuosi

–          E infine un importante investimento negli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro  con 2,7 milioni di euro nel biennio 2022-2023 (400 mila euro il primo anno, 900 mila per il secondo e 1,4 milioni di euro per il terzo) finalizzati all’erogazione di buoni per l’acquisto di servizi di baby-sitting per le lavoratrici anche autonome dopo il congedo, bonus compensativi per l’attività di caregiver e bonus sperimentali per i padri che usufruiscono dei congedi parentali in alternativa alle madri.

Vedete, la parità di genere non risponde solo a motivi di giustizia nei confronti delle donne, ma è un obiettivo che interessa lo sviluppo del Paese. Per questo merita di essere riconosciuto da tutte le politiche pubbliche. Per questo c’è bisogno di un cambio culturale, dell’educazione nelle scuole, di misure di welfare. Per questo è necessario approvare presto il regolamento per l’applicazione della legge 7 del 2020 sul sistema integrato di educazione ed istruzione 0/6. Una legge che nel 2022 avrà una dotazione finanziaria di 21 milioni di euro più i 500 mila del next generation Lazio e che non si pone solo l’obiettivo ambizioso di arrivare alla soglia del 33 per cento di copertura dei servizi educativi, ma vuole addirittura superarla.

Sono stata un po’ lunga, ma credo fermamente che questa legge attui davvero una piccola grande rivoluzione e con questo entusiasmo spero che concluda presto il suo iter in aula e si vada ad aggiungere alle tante iniziative apripista a livello nazionale che rendono il Lazio una Regione innovativa, coraggiosa e terra di diritti per tutte e tutti.

Lo dobbiamo a tutte le donne che lavorano il doppio, fuori e dentro casa, semplicemente perché le aspettative sociali ci chiedono di essere buone madri, mogli e anche lavoratrici performanti. Lo dobbiamo a tutte quelle che vorrebbero un figlio e sanno che questo potrebbe compromettere il loro posto di lavoro. A quelle che il lavoro l’hanno perso dopo la maternità. A quelle che un figlio ce l’hanno e vorrebbero avere dei tempi di vita e di lavoro più sostenibili basati sulla genitorialità condivisa e in un mondo del lavoro che tenga conto delle esigenze delle famiglie. Alle lavoratrici precarie, a quelle che sono costrette a scegliere il part-time, che rinunciano alle ore di straordinario e alle trasferte e quindi agli scatti di carriera.

Lo dobbiamo alle bambine che non si sono potute sporcare col fango o arrampicarsi sull’albero perché dovevano stare composte. Alle ragazze che amavano la matematica, ma hanno scelto una facoltà umanistica perché ingegneria era “da maschi”. Alle professioniste che ogni giorno si alzano e sanno che la loro voce sarà presa meno sul serio solo perché stanno sui tacchi. A quelle che si sentiranno spiegare le cose che hanno detto poco prima, perché “ma che ne sai tu”. A quelle che stanno nell’ombra dei progetti. A quelle che le quote non servono, ma quando si sceglie il posto va sistematicamente a un uomo, anche meno qualificato. A quelle che la meritocrazia funziona bene se sei un uomo bianco benestante, sennò fai cento volte più fatica a dimostrare che vali tanto quanto. E hai gli stessi – identici – diritti.

Facciamolo per tutte le donne che hanno dovuto fare un passo indietro, nel silenzio, per secoli. Per non disturbare. Perché ora invece è il momento di prenderci il nostro spazio e fare rumore.

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SCHEDA DELLA PROPOSTA DI LEGGE

TESTO DELLA PROPOSTA DI LEGGE APPROVATO IN IX COMMISSIONE