DOMANI E’ UN ALTRO MONDO: LA QUARTA CONFERENZA PROGRAMMATICA DEL PD PROVINCIA DI ROMA

Si conclude questa sera una interessante e partecipatissima due giorni organizzata dal Partito Democratico della Provincia di Roma. Un’occasione ricca di spunti, scambio di opinioni e vicinanza, seppur digitale, tra federazione provinciale, regionale, nazionale ed Europa.

E’ stato un vero piacere partecipare e non possono non ringraziare la nostra federazione provinciale che, anche in questo periodo emergenziale e straordinario, è riuscita ad essere presente e capillare e metterci a disposizione questi spazi di incontro e discussione, sicuramente stimolante e produttiva.

Questa mattina abbiamo partecipato a un’assemblea plenaria ricca di interventi autorevoli e spunti interessanti per arricchire i lavori dei tavoli di questo pomeriggio. Nello specifico, questo tavolo ha il compito di affrontare il tema dell’economia di crisi vista dai comuni. Un tema quanto mai urgente e delicato, a me carissimo in quanto ex amministratrice locale che porta nel cuore e nella testa gli insegnamenti dell’esperienza politica dal basso e cerca ogni giorno di farne tesoro nel lavoro istituzionale che oggi ho l’onore di fare in Consiglio regionale come Presidente della IX Commissione – Lavoro, formazione, politiche giovanili, pari opportunità, istruzione, diritto allo studio.

Ringrazio i relatori del tavolo che hanno elaborato un documento molto denso e pieno di spunti. Io vorrei soffermarsi su due questioni in particolare partendo dal grande tema dell’emergenza socioassistenziale. Èormai chiaro infatti che l’emergenza causata dal COVID-19 sia molto più che una crisi sanitaria. Siamo di fronte a una crisi sociale e umana senza precedenti che sta mettendo a dura prova i nostri sistemi sociali e di convivenza, costringendoci a ripensare modalità e tempi delle relazioni, ma anche delle politiche pubbliche e in particolare delle politiche sociali al servizio dei cittadini e delle cittadine.

La situazione del mondo del lavoro è drammatica, posso riportarvi alcuni dati della Regione Lazio che sono eloquenti. Nell’ultimo mese, da quanto abbiamo siglato l’accordo con le sigle sindacali per la cassa integrazione in deroga, la Regione ha messo in campo uno sforzo straordinario per recepire e lavorare una quantità senza precedenti di domande. L’ultimo dato aggiornato alla fine della settimana ci restituisce 62817 imprese che hanno presentato richiesta per un totale di 160.577 lavoratori di cui la maggioranza donne (D 84.448 – U: 76.129). Il primo decreto di riparto delle risorse ci aveva assegnato circa 144 milioni di euro che hanno coperto, in tempi record (passando da una media di 500 a 4/5 mila domande lavorate e inviate all’inps al giorno) le prime circa 32 mila pratiche (80 mila lavoratori). Stiamo lavorando ora al secondo blocco che sarà coperta dal secondo decreto di riparto per una cifra di circa 160 milioni di euro.

Il dato allarmante e che ci restituisce una fotografia precisa della realtà produttiva della nostra Regione è quello del 93% delle imprese che hanno fatto domanda hanno un numero di dipendenti compresa tra 1 e 5 e il 76% di esse si trova proprio “qui”, nella Provincia di Roma. La maggioranza dei settori da cui provengono le domande sono commerciali, all’ingrosso, ristorazione.  Noleggio, servizi sociosanitari, trasporti, attività professionali (oltre 10%).

 

Molto importante per dare risposte concrete alle esigenze urgenti di liquidità è l’accordo con Abi, al quale hanno aderito il 95% degli istituti bancari (e si può consultare l’elenco completo e aggiornato sul sito) che permette ai lavoratori impiegati in aziende che hanno fatto domanda di CIGD di ricevere l’anticipo del trattamento dalle proprie banche, senza dover aspettare che l’iter (che richiede delle tempistiche più lunghe) termini.

Nei giorni scorsi il ministero del lavoro ha iniziato un percorso che porterà ad annunciare un accordo nazionale per estendere tale meccanismo di anticipo della CIGD anche alle poste e quindi ai titolari di conto bancoposta per l’anticipo

È evidente, però, che ragionando sulla fase di ripresa non possiamo ignorare che non tutti i lavoratori torneranno a lavoro, per cui sarà necessario pensare a degli ammortizzatori sociali straordinarie per coprire almeno tutto il 2020.

La crisi è trasversale e spietata, ma non colpisce tutti allo stesso modo. Chi era più fragile e vulnerabile in passato, oggi è pù esposto ai rischi sotto ogni punto di vista. Aumentano le distanze tra chi ha molto e chi troppo poco, la classe media è sempre più in difficoltà e con tutta probabilità aumenterà la platea della cittadinanza che avrà bisogno nel futuro prossimo di un supporto maggiore da parte delle istituzioni. In questa sfida, in particolare, sono coinvolti i Comuni, gli enti territoriali di prossimità, che ogni giorno hanno a che fare con la quotidianità delle donne e gli uomini, dei bambini e delle bambine.

Parto da questi ultimi per porre la vostra attenzione su un tema per me assolutamente prioritario e ancora poco discusso all’interno delle varie task force e nell’opinione pubblica, ossia la scuola.

I nostri giovani, dalla più tenera età all’adolescenza, hanno subìto uno sconvolgimento della quotidianità che non ha precedenti. La mancanza di contatti sociali con i coetanei, il blocco della routine scolastica e hobbistica, una convivenza forzata con genitori ed eventuali fratelli o sorelle che rischia di non lasciare i legittimi spazi di autonomia. Dal 5 marzo le scuole sono chiuse per tutti gli 8,4 milioni di studenti del Paese e con tutta probabilità nessuno tornerà in aula prima di settembre. Non possiamo ignorare come il peso della chiusura delle scuole e di tutte le difficoltà che ne derivano, gravi in misura maggiore sugli studenti che già si trovavano in contesti familiari e sociali difficili e/o in condizioni di povertà educativa. Bambini e adolescenti per cui la vita scolastica, in presenza, rappresentava più che per altri una dimensione di riscatto e di opportunità per sognare un futuro migliore.  Ci sono enormi problemi nell’accesso alla didattica a distanza che, pur con l’enorme sforzo del personale docente e degli studenti, rimane inaccessibile per molti e molte sia per mancanza di dispositivi tecnologici che di connessioni adeguatamente performanti. A questo si aggiunge il grande tema, a me molto caro, della fascia 0-6. Per i più piccoli la tecnologia non riesce a sostituire l’attività ludica e le relazioni con i pari e l’allontanamento dai servizi educativi rischia di avere importanti ricadute sullo sviluppo equilibrato e sano.

Ecco, mentre ragioniamo di fase due e riapertura delle attività produttive, mentre promettiamo di non lasciare indietro nessuno, non possiamo permetterci di ignorare il grido di allarme che viene dalla scuola e di dimenticare che i primi a dover esser presi per mano sono proprio i più giovani. Gli studenti e le studentesse che rappresentano il più grande e migliore investimento che possiamo fare sul futuro.

L’impatto della chiusura delle scuole si muove anche sul medio e lungo termine ed ha un’importantissima dimensione sociale. Abbiamo visto in queste settimane come il lavoro di cura e il supporto alla didattica a distanza sia ricaduto, ancora una volta, sulle spalle delle donne. Con la ripresa delle attività lavorative e il parallelo mantenimento della chiusura delle scuole, corriamo il fortissimo rischio di vedere, oltre ai licenziamenti pregressi, molte donne rinunciare al proprio stipendio perché nella scelta di sacrificare un’entrata domestica si opterà per quella meno “corposa” che statisticamente è quella delle lavoratrici.

C’è una fase estiva da gestire, i mesi da maggio a settembre, e il welfare familiare non può sopperire come ha sempre fatto. Come diceva il Segretario Zingaretti in apertura una delle più importanti sfide che abbiamo davanti è proprio quella di reinventare il welfare. Un tema serissimo che mette insieme politiche di conciliazione, domiciliarità e nuove forme dell’assistenza e che deve sempre tenere ferma la centralità della scuola non come servizio sociale, ma come dimensione di diritti, in primis il diritto all’istruzione, al sapere e al gioco dei bambini e delle bambine, delle ragazze e dei ragazzi.

In questa sfida le risposte sono ancora emergenziali. Il governo e la Regione hanno messe in campo una serie di importanti misure che a me piace definire di “resistenza”.

Penso ai bonus baby-sitter, ai bandi per finanziare la didattica a distanza con l’acquisto di dispositivi elettronici o la distribuzione delle sim per connettersi a internet, penso all’estensione dei congedi parentali e alle misure di rimodulazione dei servizi sociali.

È arrivato ora il momento di immaginare con coraggio il passaggio dalla resistenza alla programmazione serrata e concreta del futuro con visione e partecipazione.

Abbiamo tante sfide davanti per la fase due:

  • Coordinamento delle fasi della “ripartenza” à Bisogna che siano adottate linee guida nazionali, previo accordo con le parti sociali, che fissino le regole di carattere generale per la riapertura secondo fasi ben precise e graduali, lasciando autonomia alle Regioni per contemplare le singole specificità regionali in ordine agli aspetti relativi ai dati geografici, economici e sociali.
    • In particolare, è necessario definire un piano omogoeneo per quanto riguarda la tutela della sicurezza dei cittadini. Modalità (dispositivi di protezione, test, app, ecc.) omogenee su tutto il territorio nazionale per evitare confusione; valutare obbligo per tutta la popolazione dei dpi, anche prevedendone la diffusione presso la grande distribuzione organizzata, anche per calmierare i prezzi.
  • Revisione dei tempi delle città à Bisogna graduare la riapertura delle attività lavorative e dei servizi delle città e riorganizzare la mobilità della popolazione, prevedendo l’adeguamento del trasporto pubblico locale per far fronte alle esigenze della riapertura. Occorre considerare eventuale scaglionamento degli orari di lavoro per governare i diversi flussi
  • Riavviare il motore economico del Paese à Pensare una ripresa prioritari di cantieri edili, in particolare all’aperto, valutando una procedura semplificata per la ripresa immediata dei cantieri del terremoto attraverso norme in grado di far ripartire gli investimenti che sono fondamentali soprattutto sui territori; di alcune filiere produttive maggiormente esposte alla concorrenza internazionale, per evitare la sostituzione di tali quote di mercato a vantaggio dei competitor stranieri
  • Infanzia e scuola à Occorre affrontare le riaperture tenendo conto del sostegno all’infanzia, verificando soluzioni per la cura dei bambini in considerazione della chiusura di scuole, nidi e centri estivi. Possibilità di consentire, nel rispetto delle regole, una graduale ripresa della socialità dei bambini. Valutare e mappare gli spazi verdi delle città e ripensare le modalità didattiche, non solo dei più piccoli, ma anche degli studenti delle scuole medie inferiori e superiori. Immaginare una nuova convivenza tra spazi urbani e scolastici e tra giovani e spazi verdi che consenta loro di conciliare socialità, didattica e studio.

In questo senso i Comuni sono centrali, in questa crisi gli amministratori e le amministratrici sono stati e continuano ad essere, come è giusto che sia, le nostre sentinelle, il primo punto di riferimento dei cittadini e senza il loro prezioso contributo non sarebbe stato possibile dare risposte adeguate alle tante difficoltà ed esigenze.

Senza di loro non saremo in grado di immaginare il futuro del Paese e avviare la ricostruzione, un progetto che dovrà tenere insieme i diritti di tutte e tutti e rimettere al centro il diritto alla salute, la centralità del cittadino e dei presidi territoriali di base, un nuovo welfare e un nuovo sistema di convivenza tra uomini e donne.

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